

Di Alberto Capilupi – Redazione Panathlon G. Brera UniVr
Nello sport agonistico l’unica cosa che conta è vincere. Cercare di vincere è l’obiettivo su cui si concentrano l’atleta (o la squadra), l’allenatore, la società (o la rappresentativa) di appartenenza e i tifosi.
Lo spettacolo ha poco a che fare con lo sport agonistico, perché fa solo parte delle aspettative estetiche dello spettatore.
Personalmente apprezzo molto l’atleta che offre spettacolo evidenziando apprezzabili qualità coordinative (soprattutto l’eleganza, la scioltezza e il tempismo), tanto che in facebook ho creato il gruppo pubblico “Quando il tennis diventa arte”, in cui indico i tennisti da me preferiti sul piano estetico (a partire da Federer).
Ribadisco comunque che nell’estetica i fattori più importanti sono completamente diversi da quelli agonistici, in cui prevalgono nell’atleta doti psichiche quali la volontà, la determinazione, l’orgoglio, l’autocontrollo, l’intelligenza e la razionalità.
La creatività si colloca invece a metà strada tra le doti psichiche e quelle coordinative, nel senso che l’atleta non può limitarsi a programmare un’azione imprevedibile, ma deve essere anche capace di eseguirla.
Se uno spettatore si annoia assistendo ad un evento sportivo, peggio per lui. Che stia a casa o cambi canale. Potremmo aggiungere: “ Fatti suoi”.
Se poi andiamo ad analizzare un evento sportivo dal punto di vista agonistico, può essere interessante mettere in rilievo alcuni aspetti, in particolare la valutazione dei rischi nell’evitare possibili errori, al fine di ridurre la possibilità di commetterne. In questa prospettiva credo che Djokovic sia stato (e in parte sia ancora, nonostante l’età) il più bravo tennista in assoluto, per cui il serbo va considerato (fino ad ora) il numero uno della storia di questo sport.
Per essere quasi sicuri di non commettere errori, ovviamente si deve cercare sempre di tenere la palla in campo, quindi tirandola più alta della rete e non vicina alle righe. In molti casi questa capacità può essere sufficiente per vincere una partita, soprattutto se si riesce a spostare l’avversario a destra e a sinistra (tattica del “tergicristallo”), o ad insistere sul suo colpo più debole (generalmente il rovescio), oppure ad esasperarlo con palle alte e lunghe (gioco del “pallettaro”).
Spesso però tutto ciò non è sufficiente per riuscire a vincere, perché è molto importante cercare di mantenersi in attacco invece che limitarsi a giocare in difesa.
A questo punto analizziamo la questione del rischio.
Anzitutto la palla tirata sul nastro è una palla sbagliata anche se rimbalza fortunosamente nel campo avversario.
Analogamente la palla tirata su una riga non è soltanto fortunata (perché non esce), ma è anche sbagliata sul piano razionale, perché la palla perfetta è quella che rimbalza vicina alla riga ma all’interno di un margine di sicurezza: è proprio quello che sa fare Djokovic, con un gioco basato sull’”anticipo” (colpendo la palla mentre sale dopo il rimbalzo, quindi sfruttandone la velocità, a beneficio del risparmio energetico), ma non sulla massima potenza, a vantaggio tuttavia della precisione.
Sinner, quando gioca al massimo livello di forma, gioca meglio di Djokovic in attacco, perché anticipa maggiormente (ottenendo un tiro più potente e senza spreco energetico), ma con rischi maggiori nel cercare la profondità. Grazie a questo difficilissimo gioco Jannik è arrivato al primo posto nella classifica ATP.
Alcaraz sa fare un po’ tutto ed è anche superiore a Sinner sul piano atletico e coordinativo, ma è più discontinuo di lui.
Ma certamente ogni campione fa benissimo a continuare ad utilizzare al meglio le proprie caratteristiche, a cercare di migliorarsi.