ICONA DEL PUGILATO MONDIALE
di Ludovico Malorgio – Redazione Nazionale Panathlon Lecce

Nino ci ha lasciato. Era uno dei nostri. Lo sentivamo così, a pelle. Tanto amato per i suoi straordinari successi sportivi. Ci mancherà! E’ stato uno straordinario campione di pugilato, tra i più grandi in assoluto nel mondo. Sul ring si faceva ammirare per la forza, l’abilità, lo stile e l’eleganza. Ne ricorderemo anche la simpatia, i modi garbati, il sorriso con cui si poneva lontano dal quadrato. Benvenuti ha interpretato il pugilato come ‘noble art’ nel senso più compiuto. La notizia della sua morte ci ha frastornato, siamo tutti molto addolorati, non ce l’aspettavamo. Lo avevamo un po’ perso di vista, si sapeva che viveva a Roma e che era malato da tempo, ma nell’immaginario collettivo i grandi campioni non muoiono mai, entrano nella leggenda e vivono in eterno. L’impatto con la notizia della sua morte, perciò, è stato brusco, non è stato facile accettare che se n’era andato il grande campione. Per motivi anagrafici e professionali ho avuto la fortuna di vivere in contemporanea le sue straordinarie vicende sportive. Nino era nato nel 1938 a Isola d’Istria, oggi territorio sloveno, ed aveva vissuto la tragedia di un popolo perseguitato e martoriato. A Trieste la sua famiglia trovò accoglienza e una vita normale. In questa città nacque e maturò la sua passione per la boxe, la possibilità di sviluppare il suo talento su un ring. Le Olimpiadi di Roma del 1960 accesero la stella del campione orgogliosamente italiano. Quei ‘Giochi’ affidarono alla storia dello sport il nostro Livio Berruti, campione olimpionico dei 200 piani e segnarono anche l’inizio della leggendaria carriera di Cassius Clay, medaglia d’oro dei pesi massimi. Da professionista Nino ci ha regalato momenti di indescrivibili emozioni con le sue straordinarie vicende sportive. Come si fa a non ricordare le notti insonni trascorse con l’orecchio attaccato alle radioline, per seguire le radiocronache delle sue sfide contro Emile Griffith con in palio il titolo mondiale dei pesi medi! All’alba del 17 aprile 1967, con altri 18 milioni di sportivi italiani, fummo testimoni a distanza del suo primo trionfo contro il campione afroamericano, raccontato alla radio dal “mitico” Paolo Valenti. Avvenne al Madison Square Garden di New York davanti a quasi 20.000 spettatori. La sveglia per le 4 del mattino non servì, l’adrenalina era tanta e ci impedì di chiudere occhio in attesa dell’evento, che si annunciava straordinariamente emozionante. Ci “vedevamo’ a bordo ring a fare il tifo per lui , insieme con Rocky Marciano ed altri grandi campioni dell’epoca. Così fu, Nino vinse nettamente ai punti e tornò in Italia con la cintura mondiale. Nel settembre dello stesso anno Nino dovette restituire il titolo a Griffith, ma il 4 marzo del 1968 lo riconquistò definitivamente in un’altra notte magica, che segnò la sua definitiva consacrazione di campione del mondo. Nino detenne il titolo mondiale fino al 1970 per poi cederlo a Carlos Monzon, campione argentino di straordinaria potenza. Con le sue imprese sportive Nino Benvenuti è stato tra i più importanti protagonisti dei ‘favolosi anni ‘60” italiani, contraddistinti certamente dal grande ‘cantautorato’ (Modugno, De André, Gaber, Endrigo, Donaggio), ma segnati anche dagli astri nascenti del calcio (Sivori, Rivera, Mazzola), del ciclismo (Adorni Gimondi, Motta), limitandoci a citare i campioni più rappresentativi dei due sport più popolari. Anni segnati, a livello mondiale, da Edson Arantes Do Nascimento, l’immenso Pelè ‘o rey’, dal ‘campionissimo’ del ciclismo Eddy Merckx e dall’incommensurabile classe di Muhammad Alì. Grandissimo pugile, poi abilissimo commentatore sportivo, Benvenuti dai microfoni radiotelevisivi esaltava il suo sport, si sforzava soprattutto di far capire che la boxe non ha nulla a che vedere con violenza gratuita ed andrebbe utilizzata come strumento di formazione etica dei giovani per i valori che incarna, il sacrificio soprattutto. Nino è stato pugile e uomo leale e, come raccontano le cronache dell’epoca, persona di grandi sentimenti. Messi da parte i guantoni, divenne grande amico di Griffith, aiutò il suo vecchio avversario caduto in disgrazia e malato di Alzeimer. Volò in Argentina per accompagnare il feretro di Carlos Monzon all’ultima dimora. Il fortissimo pugile sudamericano era l’unico avversario ad averlo battuto due volte. Pianse amaramente anche per la morte di Sandro Mazzinghi, suo accanito rivale sul ring. E’ noto che la sua vita privata è stata piuttosto complicata, ma non ci permettiamo di giudicarla in questa sede. Riteniamo, comunque, che Nino Benvenuti, inestinguibile icona del pugilato mondiale, per la carriera e la vita di sportivo possa essere additato ai giovani come esempio dei sacrifici e dell’impegno necessari per crescere ed affermarsi nella vita. Resterà impressa per sempre nella nostra memoria l’immagine dello sportivo di inimitabile classe ed eleganza. Addio Nino.