PARA(O)LIMPIADI, CHIAMIAMOLE OLIMPIADI
Una sola passione da accendere sotto la stessa fiamma, una proposta che il Panathlon potrebbbe abbracciare.


di Massimo Rosa Direttore PANATHLON PLANET
Se oggi i disabili hanno la possibilità di praticare lo sport e sognare le Olimpiadi lo devono ad un signore tedesco naturalizzato inglese: Sir Ludwig Guttman. Il Sir in questione nel 1948 era direttore del National Injuries Centre di Stoke Mandeville (UK), il quale pensò bene di favorire la fase terapeutico – riabilitativa dei reduci della 2^ Guerra Mondiale, con lesioni alla colonna vertebrale, puntando al miglioramento delle condizioni psicologiche coinvolgendoli nel tiro con l’arco. I risultati furono incoraggianti, tanto da organizzare le prime gare. Quattro anni dopo, sempre a Stoke Mandeville, ebbe luogo la prima competizione internazionale, ospiti degli olandesi. Da lì, si può affermare, ebbe inizio la storia della Paraolimpiadi, divenute successivamente Para(O)limpiadi, non si per quale motivo fu soppressa la “O”.
Con l’appuntamento romano del 1960 fanno la loro comparsa i primi atleti disabili, dando così inizio a 55 anni di storia olimpica. Nasce nel frattempo L’International Para(O)limpic Committee a cui fanno riferimento quest’oggi cinque federazioni internazionali e 160 nazionali. Il movimento cresce nei numeri e, sempre più, vi è necessità di nuove regole che supportino l’attività internazionale. Così nel 2001 CIO e International Para(O)limpic Committee sanciscono l’accordo per stabilire definitivamente la periodicità, immediatamente successiva per questioni organizzative, e sedi dell’appuntamento quadriennale olimpico.
Se a Roma nel 1960 vi parteciparono 400 disabili, più tardi nel 2000 a Sydney furono 3.843 ed a Londra, nel 2012, dettero prova delle loro capacità 4.200 atleti in rappresentanza di 166 Paesi. Evento, quest’ultimo, che lo ha visto protagonista in 500 ore di mondovisione, oltre alle centinaia di migliaia di spettatori presenti agli appuntamenti in programma.
Questa è la significativa testimonianza della crescita di chi ha trovato nello sport una grande ragione di vita, e come la partecipazione all’evento olimpico sia in continua ascesa.
Ma veniamo al perché di questo articolo.
Da sempre ho sostenuto che Olimpiadi e Para(o)limpiadi dovrebbero essere accomunate sotto un’unica denominazione: OLIMPIADI. Di questo argomento, quando ero governatore dell’Area1, ne avevo parlato a suo tempo con Luca Pancalli (presidente del Comitato Italiano Paralimpico), che si disse d’accordo con me. In seguito, dopo il successo londinese di entrambi gli eventi, il presidente del Coni Gianni Petrucci ha affermato: “E’ una via percorribile”. Finalmente, vien da dire. Ma si sa spesso le parole sono figlie del vento. Questa estate ho avuto modo di accennarne anche al nostro Presidente Giacomo Santini, dimostratosi interessato all’argomento e pronto ad attivarsi nel nome del nostro Movimento.
Parole importanti, che devono essere un punto di partenza, sottolineo quel “devono essere”.
Il pericolo però è che passato l’entusiasmo del momento tutto ripiombi nel dimenticatoio. Allora cosa fare?
Ci sarebbe la necessità primaria di dare vita ad un movimento vero e proprio che si faccia carico di “marcare a uomo” – per usare un termine calcistico – tutte le istituzioni sportive delle nazioni aderenti al CIO affinché riconoscano che le Olimpiadi sono un bene universale, e non per persone di serie A ed altre di serie B, con o senza handicap.
Non vuole essere un discorso utopistico e populista, ma più semplicemente quello di chiedere la stessa dignità per chi ama lo sport ed i suoi valori, in nome del quale si compiono enormi sacrifici.
Sarebbe finalmente l’occasione per vedere il Panathlon portatore a livello mondiale di un’iniziativa che potrebbe passare alla storia. Via, allora, quell’ipocrita Paralimpico, per giunta senza la “o”, e chiamiamole con il loro nome: OLIMPIADI.
Chissà che da Londra non sia partita una nuova Era per uno sport più giusto, con pari dignità per tutti gli atleti e che il Panathlon ne sia il suo profeta. E che allora OLIMPIADI siano.
P.S. Ho ripublicato questo articolo a seguio dell’intervento del Presidente Internazionale, Giorgio Chinellato, che nel recente convegno di Pordenone ha riportato all’attualità la tematica Para(O)limpiadi/Olimpiadi, la stessa da me sollevata oltre una decina d’anni fa.
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