
di Angelo Porcaro – Redazione Nazionale Panathhlon Pavia
Ma i diciottenni attuali sono davvero bravi o questi relatori sono rari esempi di eccellenza? Questo è il mio dubbio. E come possiamo esportare una tale mirabile esperienza?
Nel Convegno “Tifo sportivo come fenomeno sociale” le relazioni degli alunni sono state ammirevoli, coinvolgenti, approfondite e dimostrano chiaramente che, quando i giovani sono motivati, guidati e coinvolti in progetti significativi, possono raggiungere livelli di eccellenza sorprendenti. E non sono “rari esempi” perché molti di essi, quando trovano un contesto che valorizza le loro capacità, riescono a esprimersi con profondità e originalità.
Ma occorrono i maestri e quindi un plauso va a quelle scuole e a quei docenti che promuovendo il pensiero critico, il lavoro di gruppo e la ricerca autonoma sono riusciti a far emergere il meglio da studenti che, altrimenti, sarebbero rimasti “sconosciuti”.
È vero che non tutti i diciottenni sono pronti a presentare relazioni così brillanti, ma è altrettanto vero che quasi sempre è solo una questione di opportunità, fiducia e contesto.
Finiti gli sperticati elogi agli studenti e ai loro professori, occorre però sottolineare che alcuni aspetti del convegno mi hanno fatto riflettere. Ne prendo in esame due, il problema dei numeri e della comunicazione.
Il primo è l’accessibilità
Se 200 ragazzi hanno potuto partecipare, per quanto l’iniziativa sia stata preziosa, resta un’esperienza limitata rispetto al potenziale di migliaia di studenti che potrebbero beneficiarne.
200 studenti, pur essendo un bel traguardo, rappresentano una piccola frazione della popolazione scolastica di una provincia che ne conta più di diecimila.
Un convegno crea un effetto “vetrina”: si vedono i migliori, ma non si costruisce un impatto sistemico.
Occorre dunque trasformare eventi come questo in esperienze diffuse e inclusive in modo che le stesse opportunità possano essere offerte a tutti.
In definitiva: non basta celebrare l’eccellenza, bisogna democratizzarla. Il vero traguardo si raggiungerà quando le opportunità diventeranno sistemiche, aperte, inclusive e non episodiche.
Azzardo una proposta: proponiamo un convegno non solo a Pavia ma, in contemporanea, a Voghera e a Vigevano e se non in contemporanea almeno nei giorni immediatamente successivi, e coinvolgiamo tutte le scuole oltre ai licei.
Il secondo nodo è la comunicabilità
Per quanto riguarda la comunicazione mi riferisco alla sporadica pubblicazione del resoconto sui quotidiani locali. Il riportare il giorno successivo la “cronaca” della manifestazione non crea memoria collettiva né stimola cambiamenti. È come accendere un fiammifero: fa luce per un attimo, poi si spegne. Così, passato l’evento, è tutto dimenticato, mentre occorrerà continuare a battere “il chiodo”. La comunicazione non deve esaurirsi con il resoconto, ma diventare parte di una strategia continua. Se si vuole davvero valorizzare l’impegno dei giovani e far crescere una cultura del tifo sano, occorrerà mantenere viva l’attenzione nel tempo. Serve trasformare la comunicazione in un volano culturale.
In sintesi: la comunicazione deve diventare una narrazione continua, non solo una cronaca. E se sono i giovani stessi a raccontare, il messaggio arriverà più lontano, più forte.
PANATHLON PLANET
Le foto, i video, le caricature, i ritratti, presenti su PANATHLON PLANET sono state in parte prese da Internet, e quindi valutate di pubblico dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla pubblicazione, basterà segnalarlo alla Segreteria di redazione: segreteria.redazione@panathlondistrettoitalia.it, che provvederà immediatamente alla rimozione delle immagini utilizzate, segnalando prontamente il nome del fotografo. Si ringrazia comunque l’autore.




