-di Massimo Rosa-
LA STORIA
L’ascesa dei pendii montani si perde nella notte dei tempi, infatti, da sempre, l’uomo è stato attratto da questi colossi inviolabili della natura. Un forte senso di sudditanza di fronte a tanta grandezza della natura fu da sempre il leit-motif della storia uomo-montagna: il salire, infatti, le vette diveniva una grande sfida a tanta maestosità, assumendone i connotati di una temeraria disfida al divino.
E’ comunque con il 1786 che inizia la storia dell’alpinismo moderno con la salita del Monte Bianco da parte di Balmat e Paccard. Promotore dell’impresa fu lo scienziato svizzero De Saussere.
L’impresa s’inquadra in un contesto caratterizzato dall’esplorazione e dalla ricerca scientifica, il periodo storicamente conosciuto come “ Illuminismo “.
A questa prima ascesa ne seguirono altre in tutto Europa, e quasi tutte con lo spirito scientifico.
Poi dalla fase scientifica dell’Illuminismo si passò a quella del Romanticismo, dove le ascese persero i connotati scientifici per assumere quelli delle arrampicate con spirito d’avventura.
Tra il 1786 ed il 1869 vennero scalate le vette di: 1786, M. Bianco; 1804, Ortles; 1811, Jungfrau; 1828, Pelvoux; 1829, Finsteraarhorn; 1829, Bernina; 1842, P. Gnifetti; 1850, Antelao; 1855, P.Dufour; 1855, Civetta; 1863, Tofana; 1864, Adamello; 1864, Marmolada; 1865, Gran Jorasse; 1865, Aig. Verte; 1865, Cervino e 1869 Sassolungo.
Il fenomeno dell’alpinismo, nel passaggio 1800-1900, fu soprattutto legato al turismo montano, e protagonisti di questo periodo furono gli appartenenti alla nobiltà ed alla classe borghese, inglese e tedesca.
Poi le nostre Alpi divennero teatro di guerra e le sue vette “ mura invalicabili di difesa “.
Man mano che passava il tempo, sempre più la montagna era frequentata ed amata. Nascono così le grandi scuole alpine come quella agordino-bellunese, quella trentina, quella lecchese, quella trentino-ladina, quella milanese e quella vicentina.
Le imprese si susseguono di anno in anno: nel 1929 Micheluzzi, guida di Canazei, apre una grande via nella Marmolada; nel 1933 Comici compie la diretta alla Grande Lavaredo; 1934 Detassis apre la sua via Brenta Alta, ma le imprese da menzionare sono molte ed il nostro spazio è tiranno, limitandoci, quindi, a citarne solo alcune.
Facciamo un salto di alcuni decenni per giungere a quel 1953, quando Hilary e Tenzing conquistarono per la prima volta nella storia la vetta dell’Everest.
A questa impresa, solo un anno dopo, risposero i nostri Compagnoni e Laccedelli raggiungendo un’altra cima inviolata, quella del K2.
Poi ecco apparire i Walter Bonatti, i Messner di nuova generazione, capaci di grandi e sbalorditive imprese, ma pur sempre legati ad un alpinismo tradizionale.
Bisogna fare un salto ai nostri giorni per vedere sulle pareti quei matti del Free Climbing, la “nouvelle vague“ della montagna, con il loro colorato e festoso abbigliamento: per loro arrampicarsi con mezzi artificiali è un’offesa alla montagna.
L’ALPINISMO
Praticare l’Alpinismo vuole dire amare e confrontarsi con le sfide.
La sfida della conquista, non è tanto per il raggiungimento della vetta di per sé stessa, ma in quanto e soprattutto per la sfida alle proprie capacità fisico-tecniche ed a quelle del coraggio.
Alpinismo non significa fare tutto da soli, al contrario, Alpinismo vuole anche dire gioco di squadra.
L’ATTREZZATURA
Per praticare questo sport in sicurezza è necessario fornirsi di:
- Casco
- Occhiali
- Ascia-martello
- Chouinard, cuneo a sei facce
- Moschettoni con chiusura a molla ed a vite
- Vite da ghiaccio
- Corde di diversi spessori e lunghezze.
Ovviamente quello che abbiamo descritto sono gli elementi minimi per chi vuole arrampicare.
LA PARETE
E’ un muro di roccia verticale.
WELZENBACH
Con questo termine si usa classificare le varie difficoltà di una scalata, sia utilizzando dei numeri in scala da 1 a 6, o semplicemente a parole, come da primo a sesto grado.
LA SCALATA MISTA
E’ quella che prevede un percorso sia roccioso che ghiacciato.
L’ARRAMPICATA ARTIFICIALE
E’ il termine con cui si indica un’ascesa aiutata con mezzi non naturali, quali chiodi, staffe o cunei, utilizzati come aiuto nelle scalate, anche se quest’ultime non sono particolarmente difficoltose o a pareti lisce.
L’ARRAMPICATA LIBERA
E’ un’arrampicata in cui si avanza con il solo ausilio di mani e piedi.
L’ARRAMPICATA IN TRAVERSATA
E’ la tecnica così chiamata per spostarsi trasversalmente su una parete.
L’ARRAMPICATA IN OPPOSIZIONE
Questa è la tecnica usata per avanzare nei “ Camini “, praticamente si appoggiano entrambi i piedi alla parte di fronte, mentre le mani appoggiano a loro volta in quella più vicina.
Ci si muove alternando mani e piedi lungo le due pareti.
L’ARRAMPICATA IN SPACCATA
Anche questa è una tecnica usata lungo le ascese all’interno dei camini: mano e piede da un lato, sono appoggiati ad una parete, mentre l’altra mano e l’altro piede appoggiano sull’altra parete.
Per muoversi si muove la mano da un lato, seguita dal piede dell’altro lato, e così via.
LA POSIZIONE BASE
E’ quella che prevede una posizione statica, assunta dall’alpinista per riposare o per osservare il percorso rimanente da effettuare.
Da fermo, dunque, l’alpinista assume un atteggiamento di equilibrio naturale: il peso grava sulla base d’appoggio dei piedi, scostati tra loro, con le punte rivolte alla parete mantenendo i talloni leggermente abbassati. Tutte le articolazioni sono rilassate per diminuire la tensione muscolare.
L’ARRAMPICATA NATURALE
Dalla posizione base s’inizia a muovere un arto, mentre il peso del corpo è distribuito sui tre restanti. La raccomandazione è quella di effettuare movimenti brevi e calcolati per mantenere un buon equilibrio.
Il corpo deve evitare di strisciare lungo la parete e far sì che il peso gravi soprattutto sugli arti inferiori.
Infatti il compito di mantenere l’equilibrio è proprio degli arti superiori.
LA DISCESA
Questa la si può effettuare in due modi: con il volto rivolto a valle o con il volto rivolto alla parete.
La tecnica è quella che prevede un primo movimento di raccoglimento e quello successivo di distensione.
IL TETTO
E’ una protuberanza rocciosa che sporge da una parete.
IL CAMINO
E’ una fessura verticale lungo la parete, sufficientemente larga per fare passare il corpo di una persona.
L’APPOGGIO
E’ una qualsiasi sporgenza o crepa della parete dove l’alpinista possa mettere il piede per restare in sicurezza.
Nel caso in cui vi fosse la presenza di ghiaccio, l’alpinista ricorre alla piccozza per scavare il gradino dove poggiare.
L’APPIGLIO
E’ sempre una qualsiasi sporgenza, crepa o fessura che permette all’alpinista di aggrapparsi con le mani.
LA CENGIA
E’ una sorta di terrazza lunga e stretta che corre lungo la parete, che ne spezza la continuità.
LA FESSURA
E’ la spaccatura che si apre lungo una parete.
LA TERRAZZA
E’ uno spazio piano di varie dimensioni che interrompe la verticalità di una parete.
LA NICCHIA
E’ il punto della parete riparato da tre lati, dove lo scalatore può riposare.
LO SPUNTONE
E’ la sporgenza di roccia che permette il passaggio della corda per assicurare ed autoassicurarsi.
IL TERRAZZINO
E’ un piccolo spazio lungo la parete, utilizzato per il bivacco.
IL CAMPANILE
E’ una formazione rocciosa alta e slanciata.
IL DIEDRO
E’ l’incontro di due pareti verticali che si aprono a libro.
LA GUGLIA
E’ la formazione rocciosa più piccola del campanile, che ha forme più snelle ed esili.
LA CORNICE
E’ una sporgenza di neve dura consolidatasi con le raffiche di vento e proiettata sopra il bordo di una cresta.
IL COLATOIO
E’ la cosiddetta depressione, rigorosamente cava, causata dall’erosione, dove si può scaricare il materiale. Può essere di neve, ghiaccio o roccia.
CAVALLO
“ A cavallo “ è il termine con cui s’indica il metodo di superamento di una cresta molto angolata.
La tecnica è quella di mettere un piede da una parte, e l’altro dall’altra, quindi si fa presa sulla cresta passando di slancio dall’altra parte.
L’AMACA
Quando l’arrampicata dura da troppe ore, l’alpinista la utilizza per riposare.
L’ASSICURAZIONE
Il termine usato è “ Ancorare “, cioè assicurare un compagno di cordata, per impedire che possa precipitare nel vuoto.
Uno o più di uno dei componenti la cordata, in posizione stazionaria, si assicurano ad un punto che permetta loro l’ancoraggio con una corda, mentre il capocordata procede a salire.
L’AUTOSSICURAZIONE
E’ il procedimento di assicurare sé stesso ad uno spuntone della roccia, prima di dover assicurare il compagno o i compagni di cordata.
LA CALATA A CORDA DOPPIA
E’ il sistema per discendere velocemente, scivolando e restando attaccati ad una corda doppia, fissata preventivamente ad un qualsiasi appiglio naturale od artificiale.
In gergo questo modo di discesa è chiamato Abseil o En rappel.
LE CORDE
Un tempo erano di canapa, quelle moderne sono in nylon, ovviamente sono molto più sicure, essendo maggiormente resistenti alla trazione a cui vengono di continuo sottoposte.
Sono di lunghezza e spessore diverso a secondo dell’impiego.
LE CORDE FISSE
Sono quelle dette permanenti, che possono essere corde, catene e cavi disposte lungo una parete frequentata.
Sono corde fisse anche quelle fissate da una spedizione per far sì che i suoi componenti possano muoversi liberamente in ascesa e discesa.
I NODI
Ve ne sono di diversi tipi:
- Otto, serve per il collegamento tra la corda e l’imbracatura.
- Semplice Copiato, serve per chiudere anelli di cordino e fettucce.
- Mezzo Barcaiolo, serve per assicurare reciprocamente i componenti della cordata.
- Barcaiolo, serve per autoassicurazione.
- Asola di bloccaggio, serve per le situazioni di emergenza.
- Machard, nodo autobloccante.
- Prusikv, nodo autobloccante, che funziona meglio nelle situazioni di corda bagnata o infangata.
LA MANIGLIA
E’ la maniglia a pinza che attaccata ad una corda può scorrere liberamente verso l’alto, ma che blocca la sua scorrevolezza se tirata verso il basso.
LA FILATA
Indica la lunghezza della corda tra il capo cordata ed il secondo che segue.
I MOSCHETTONI
E’ un gancio di a forma ovale, che si apre a molla o a vite, dove si attaccano corde e cordini, viti da ghiaccio o chiodi da roccia, per assicurarsi, autoassicurarsi, o per la doppia corda.
IL DESCENDEUR
E’ un attrezzo speciale per frenare nella discesa a corda doppia, tenendo una corda attorno ad ognuna delle due gambe.
I CHIODI
Sono punte metalliche piantate nella roccia o nel ghiaccio da un martello, quando bisogna creare un appiglio.
A queste vengono assicurati i moschettoni per assicurare o autoassicurarsi, o anche per fare passare le corde doppie per la discesa.
I RAMPONI
Sono punte di metallo antiscivolo fissate alle suole degli scarponi, usate per le ascese su neve o ghiaccio.
IL CREPACCIO
E’ la spaccatura venutasi a creare nella formazione di ghiaccio, pericolosissima perché spesso ricoperta di neve, che ne cela la vista.
LA VIA
E’ il percorso della parete per raggiungere la vetta.
LA VIA NUOVA
E’ la “ Prima “ di un percorso lungo la parete.
LA VIA DIRETTISSIMA
E’ il percorso più diretto per raggiungere la vetta.
LA TORRE
E’ la vetta più alta che si stacca da quelle immediatamente più vicine.
IL MURAGLIONE
E’ la successione di pareti molto alte.
I SETTEMILA E GLI OTTOMILA
Con il primo termine s’indicano quelle montagne la cui altezza varia tra i sette e gli ottomila metri, nel secondo caso, invece, si indicano quelle cime oltre gli ottomila, come i giganti dell’Himalaya.
ATTENZIONE AI RAGGI ULTRAVIOLETTI
Ricordatevi di usare la massima cura nel coprirvi il capo e proteggere gli occhi, poiché i raggi del sole a certe altitudini sono estremamente dannosi per la salute.
Infatti l’esposizione prolungata può fare insorgere il cancro della pelle.
OCCHIO ALLA VISIBILITA’
Anche la più bella giornata di sole può nascondere dei pericoli perché nel evolvere di poco il tempo può mutare repentinamente.
Informarsi, quindi, prima di avviarsi a scalare anche la più piccola vetta, sulla situazione metereologica delle ore successive.
IL SOCCORSO ALPINO
Chiamata di soccorso: lanciare per 6 volte un segnale ottico o acustico, ripetendo il segnale dopo un minuto.
Risposta: lanciare 3 volte un segnale ottico o acustico, ripetendo il segnale dopo un minuto. (Continua)
PER SAPERNE DI PIU’ Club Alpino Italiano
Se volete comunicare con PANATHLON PLANET, scrivete a: segreteria.redazione@panathlondistrettoitalia.it