-di Massimo Rosa–
4 Maggio 1949
Quel giorno scompariva sicuramente la squadra più amata dagli italiani
Mentre scrivo mi viene in mente quel giorno di sessanta anni fa quando a Milano, con mio papà, uscimmo dal cinema, ero andato a vedere i “Pompieri di Viggiù”, mentre gli strilloni urlavano con quanto più fiato avessero nei loro polmoni “ Il Grande Torino schiantato a Superga”.
Ricordo perfettamente lo sgomento che mi prese all’udire la notizia. Quel giorno il tempo era uggioso e triste, quasi partecipasse al lutto che aveva colpito non solo le famiglie di chi perì nell’incidente aereo ma anche di tutti coloro che amano lo sport, ma dirò di più: di tutti gli italiani.
Quel Grande Torino aveva fatto battere il cuore di molti appassionati, torinisti e non, perché quel Torino rappresentava l’orgoglio di una nazione da poco uscita da un’umiliante sconfitta bellica, un’Italia macilenta che aveva bisogno di simboli positivi per la sua ricostruzione morale e materiale, e quel Toro lo era.
Le sue imprese in Italia ed in Europa inorgoglivano tutti gli appassionati di calcio, non importa per quale maglia si tifasse. Era un Torino, che pur nella sua grandezza, aveva quale caratteristica l’umiltà dei suoi grandi campioni.
Di essi Indro Montanelli scrisse: “Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta.”
Ancora oggi dopo 71 anni all’appello: Valerio Bacigalupo, i fratelli Aldo e Dino Ballarin, Emile Bongiorni, Eusebio Castigliano, Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso, Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Giulio Schubert , rispondono PRESENTE.
Alziamoci in piedi e battiamo loro le mani.
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