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-di Enrico Brigi–
Dopo lunghe settimane di trattative il calcio italiano ha deciso di ripartire. In questi mesi si è visto, sentito e letto un po’ di tutto. Proclami, smentite, litigi di vario genere hanno riempito i giornali e le tv. In sostanza, non ci siamo fatti mancare nulla.
In tutto questo marasma mediatico, comunque, c’è un particolare che merita una piccola riflessione. Immaginando una specie di “par condicio” è innegabile come l’attenzione di tv e stampa sia andata in gran parte alla serie A, riservando agli altri campionati una visibilità inferiore o, quantomeno, inadeguata al loro valore e alla loro relativa importanza. Questo – dobbiamo dirlo – è un aspetto sul quale crediamo sia giusto, almeno in parte, dissentire. A far pendere la bilancia verso il massimo torneo di calcio sono stati sicuramente i diritti televisivi che rappresentano un introito economico di gran lunga superiore a quello di altre categorie. Anche la presenza di campioni affermati – Ronaldo su tutti – ha provocato questa “discriminazione” anche se tale considerazione “tiene” solo fino a un certo punto. Il campionato cadetto, ma anche quelli di Lega Pro e di Serie D, sono pieni di profili interessanti che meriterebbero decisamente maggior attenzione.
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Peraltro, mentre in serie A e B si è deciso di ripartire a pieno regime, in Lega Pro è stata adottata una soluzione a metà tra il calcio giocato (play off) e quello cosiddetto “a tavolino” ( promozioni e retrocessioni) che non ha mancato di sollevare malumori e polemiche. Probabilmente in serie C e ancor più in D, dove tutto è stato deciso senza scendere in campo, le difficoltà di proseguire erano maggiori, tuttavia, avrebbero entrambi meritato maggior condivisione di aspettative e problematiche.
La disparità più eclatante, infine, riguarda anche il mondo del calcio femminile, del quale raramente si è sentito parlare e per il quale è stata decisa la sospensione con cristallizzazione delle classifiche, dimenticando, forse, che si parlava comunque di serie A.
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Nessuno vuole mettere in discussione l’importanza dei campioni della serie A, però crediamo che un’attenzione più equilibrata e meglio distribuita avrebbe potuto rappresentare un valore aggiunto per quelle categorie che qualcuno – a torto – continua a considerare come “figli di un Dio minore”.
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