
Personaggi della Letteratura sportiva- Lorenzo Longhi

di Federica Zaniboni/Redazione Gianni Brera
Il giornalismo è il suo grande sogno fin dall’adolescenza. E nello specifico il giornalismo sportivo. Ma se per molti il traguardo più ambito consiste nella scrivania di una redazione – con le copie dei quotidiani sparse ovunque, le interminabili riunioni della tarda mattinata e tutto il resto –, si può dire che in questo senso Lorenzo Longhi sia uno spirito libero. Un’intera e brillante carriera da freelance che comincia nel momento esatto in cui la professione si prepara a un cambiamento profondo. Precisamente, nel 2001, quando il giornalista modenese approda ad una delle primissime testate online.
«In quel periodo sono ancora all’università, dove studio Scienze della comunicazione» spiega Longhi, 41 anni. «Comincio collaborare come corrispondente sul Parma con Ilnuovo.it, un tipo di quotidiano che allora è davvero nuovo per tutti. E la cosa sembra funzionare bene» ricorda. «A un certo punto entro contatto con Adalberto Scemma, una delle firme che leggo fin da quando sono ragazzino. Ha bisogno di qualcuno per l’agenzia del “Corriere dello Sport” e in quel momento si accende il motore del mio lavoro» sottolinea.
«Grazie a lui imparo subito e molto: con dei buoni maestri cambia tutta la prospettiva». Così negli anni successivi Longhi si addentra sempre di più nel mondo delle collaborazioni, scrivendo di sport in modo continuativo con diverse testate. Fino al 2009, quando decide di trasferirsi all’estero e aggiungere un’altra importante esperienza a una carriera ormai decollata. «Parto per l’Inghilterra e ci rimango un anno: vengo in contatto con una diversa scuola giornalistica e nel frattempo vendo i miei pezzi ai quotidiani italiani. Quando torno qui, vengo assunto da Sky». Dopo un anno, però, Longhi capisce che la vita da redattore non fa per lui e decide di dare le dimissioni per continuare a lavorare come collaboratore.
«Dal punto di vista economico è una scelta che non conviene» ammette con un sorriso. «Ma avendo lavorato come freelance per i primi dieci anni della mia carriera, a un certo punto capisco che è meglio così. In questo modo posso proporre ciò che mi piace e concedermi certe libertà che all’interno di una redazione vengono spesso a mancare». Inoltre, come sottolinea il giornalista, «lavorando come libero professionista si ha la necessità di aggiornarsi continuamente e questo è senz’altro positivo. Diventa importante riuscire a non perdersi, non adagiarsi su quello che si fa ma essere capaci di proporre le notizie ai giornali e seguire tutto un mondo. È una forma mentis».
Ma a segnare il percorso di Lorenzo Longhi in modo curioso c’è anche l’esordio su un quotidiano digitale, Ilnuovo.it, che avviene in un momento in cui l’informazione online è ancora una delle più grandi novità del secolo. «Non avrei mai immaginato di cominciare a fare giornalismo così» dice. «Sogno di fare questo mestiere dalla fine degli anni ’80, e nel 2001 entro in un contesto che prima di allora non esisteva nemmeno. Ma il fatto di essere giovane mi dà la possibilità di non farmi troppe domande». Come poi sottolinea Longhi, «l’online di quei tempi era diverso dal cartaceo, sì, ma non tanto quanto lo è oggi. Quando in seguito sono passato alla carta stampata, il cambiamento non è stato così determinante».
Appassionato di sport – e soprattutto di calcio – da tutta la vita, Lorenzo Longhi è sempre stato un grande lettore, attività che lui stesso considera un aspetto fondamentale di questo mestiere. «La letteratura sportiva si comincia ad apprezzare e studiare con la maturità. O almeno, a me succede così» dice. «Ma già da ragazzino, leggendo un certo tipo di prosa, mi rendo conto che è diverso dal parlato quotidiano, che c’è qualcosa dietro». E così, soprattutto grazie ai grandi scrittori del passato, inizia la scoperta di un linguaggio che ad oggi rimane piuttosto difficile da trovare. «Penso a Brera, a Pasolini, a Vergani… e anche a Bianciardi, che per me è un assoluto punto di riferimento. Non si tratta soltanto di sport, ma anche della società: si apre un mondo che non si limita alla partita, ma che anzi, comprende tutto ciò che sta attorno». E questa visione della scrittura sportiva, questo sguardo capace di spingersi oltre, è proprio una delle ragioni che portano Longhi a continuare il lavoro come freelance. «Mi sono allontanato dalla scrittura quotidiana proprio per arrivare a fare proposte di un altro tipo, scrivere articoli con un taglio diverso, più culturale e sociale. Lo sport spiega dei mondi, e così si può arrivare anche a un pubblico che a questi mondi non si avvicina» sottolinea.
Ma al di là dei più importanti nomi del passato, Lorenzo Longhi riconosce grandi firme anche tra i colleghi attivi oggi, e tiene a sottolineare che «la cosa fondamentale è essere riconoscibili, avere qualcosa che identifica: Gianni Mura, che era un giornalista strepitoso, rifuggiva l’idea di essere considerato il nuovo Brera. È giusto importare delle suggestioni, ma non bisogna esagerare». E così nutre grande ammirazione per «Emanuela Audisio, Furio Zara, Alessandra Giardini e Francesco Caremani, un altro freelance di altissima categoria… E poi beh, apprezzo molto Massimiliano Castellani, per lo spessore culturale e sociale che permea i suoi articoli».

Lorenzo Longhi scrive per diverse testate tra cui “Treccani” e “Avvenire”, ed è inoltre autore di alcuni libri sul calcio – la disciplina che rappresenta la maggior parte del suo discorso sportivo, ma non la sola. «Confesso che non avendo mai giocato – tranne che per poco tempo quando ero ragazzino –, gli aspetti tecnici del campo mi mancavano. Ho dovuto studiarli e farmeli spiegare dagli addetti ai lavori, giocatori o allenatori». E così, tutto quello che ha imparato come lettore e appassionato, Longhi lo trasmette al pubblico attraverso una scrittura accorta, tesa ad indagare in profondità e sempre pronta a spaziare oltre i contorni.