Di Massimo Rosa Direttore Panathlon Planet
Sara è nata in quel Rivoli Veronese il 9 aprile 1953. Sara è una ragazzina tranquilla, ma decisa contemporaneamente: lei sa quello che vuole e dove vuole arrivare. Magra e allampanata con due gambe lunghe da levriero: ma la corsa non è il suo forte. Lei ama soprattutto saltare, perché le riesce naturale librarsi nell’aria, scavalcando gli ostacoli come se non esistessero.
La sua attività agonistica ha inizio nel 1967, non prima di aver frequentato un corso di danza, che la rende oltremodo aggraziata nei suoi gesti sportivi.
E’ una calda ed assolata giornata di maggio, quando, quel giorno, tra le giovani atlete del campo scuola CONI di Basso Acquar vi è anche la quattordicenne Sara Simeoni, pronta a saltare 1,45, misura ritenuta proibitiva per quelle ragazze. Ma, come ho già detto, per Sara saltare il alto è un gesto naturale.
La ragazzina prende la rincorsa e, hoplà, supera l’asta con una sforbiciata degna di un grande campione. Per lei sono applausi e l’inizio di una carriera davvero entusiasmante, che la porterà ovunque nei cinque continenti. Nella storia dell’Atletica italiana del dopo guerra è l’atleta che maggiormente è durata nel tempo a livelli elevati.
L’atleta resta una persona semplice, anche se la gloria e la fama raggiunte sono tali che a volte sembra irraggiungibile.
Dopo aver mosso i primi salti, si fa per dire, è presa sotto l’ala protettrice del professor Walter Bragagnolo, il tecnico che ha introdotto nel nostro Paese il famoso salto alla “ Fosbury “, conosciuto anche come salto a “gambero “.
I suoi primati migliorano di 10 centimetri in 10 centimetri, anno per anno, infatti: a 15 anni supera l’asta ad 1,55, a sedici, nel 1969, vola ad 1,65, sinchè a diciassette stabilisce il nuovo primato italiano ad 1,75. L’anno dopo, nel 1971, agli europei di Helsinki migliora il record italiano elevandolo di altri 2 centimetri, ed è così nona assoluta.
Nel 1972 c’è l’esordio olimpico a Monaco di Baviera con un sesto posto di tutto rispetto, che la vede comunque protagonista sino alla misura invalicabile di 1,88, lasciando così il via libera ad Ulrike Meyfarth ed a Rosemarie Witches, futura signora Ackermann, con la quale ingaggerà d’ora in poi duelli entusiasmanti per la conquista del primato.
Due anni dopo agli europei di Roma finalmente arriva la prima medaglia continentale con il terzo posto conquistato. E’ l’inizio della parabola ascendente dei vari podi in ogni angolo del mondo.
Nuovo appuntamento con i Giochi Olimpici, nel 1976, edizione numero ventuno. Questa volta teatro delle sue nuove gesta è la capitale del Quebéc Montreal.
Si capisce subito che Sara è in grande spolvero e determinata come sempre. Per lei l’asta è sempre troppo bassa. Le avversarie sono quelle si sempre: quelle dell’Olimpo del salto in alto.
Nella fase finale c’è lo strappo: fanno cadere l’asta Ulrike Mayer, la favorita Rita Kirst e la beniamina canadese Debbie Brill.
Per Sara vuole dire avere due chanches: l’oro o l’argento. L’avversaria, Rosemarie Ackermann.
L’asta a questo punto viene posta ad 1,91, questa è la misura che deve superare.
Sarà prende la rincorsa, e sono attimi lunghi quelli che la separano dal momento del volo.
Ce la farà? Non ce la farà? Chi è in televisione a migliaia di chilometri trattiene il fiato, quasi cercando di aiutarla. Ed ecco che “ l’Airone di Rivoli Veronese prende la rincorsa, una rincorsa che dura un’eternità per chi tifa per lei a migliaia di chilometri, guardandola in televisione. Arriva vicino all’asta, batte il piede di elevazione, vola ed eccola inarcarsi di schiena per superare quel metro e novantuno centimetri, che potrebbe darle l’oro olimpico. L’ostacolo è superato. E’ un’ovazione da parte delle migliaia di persone che gremiscono lo stadio olimpico. Ma non è finita purtroppo: c’è il salto della tedesca.
Rosemarie non tradisce alcuna emozione, come si conviene ai grandi campioni, e da grande campionessa qual è non fallisce il bersaglio: l’oro è suo.
Per Sara è comunque un successo, che le spiana la strada verso la conquista del primato mondiale.
E’ la sera del 4 agosto quando a Brescia supera l’asta a 2,01. E’ primato del mondo, mai un’atleta italiana aveva fatto tanto. Ripeterà, poco più tardi, agli Europei di Praga questa misura mondiale.
Il suo record resisterà cinque anni, cinque anni in cui la nostra grande star dell’atletica mondiale raggiungerà anche la vetta olimpica, e questo avverrà nella tetra Mosca, capitale del socialismo reale.
C’è subito da dire che queste Olimpiadi vengono boicottate dagli USA e dai suoi alleati che, comunque, inviano rappresentative non ufficiali, ma non meno agguerrite.
Causa del boicottaggio è l’invasione e la conseguente occupazione militare dell’Afghanistan da parte dell’esercito sovietico.
E’ il 27 luglio quando le atlete più forti del mondo si danno battaglia per conquistare il titolo di campione olimpico di salto. In gara ci sono ancora quattro nomi: Rosemarie Ackermann, della DDR, unica atlteta a praticare ancora il salto ventrale, la Kirst, DDR, la Klelan, Polonia e Sara Simeoni, Italia.
La tensione è palpabile ad ogni batter di ciglia; le atlete sono, nei momenti loro concessi, completamente isolate dal frastuono che fanno i numerosi spettatori assiepati sui gradini del vecchi stadio “Lenin”, tanta è forte la loro concentrazione.
Salta la Ackermann, che fallisce: eliminata. Buon per Sara perché la tedesca orientale è la sua maggior antagonista per eccellenza.
Gli ultimi salti sono una questione a tre.
Quando è il nuovo momento di Sara, l’asta è posta ad 1,97. Il pubblico ammutolisce, facendo piombare lo stadio in un silenzio irreale. Tutti gli occhi sono puntati sulla nostra atleta.
Solita rincorsa, solito colpo di reni, e voilà è “oro olimpico”.
Esplode Sara in un urlo liberatorio, esplodono le decine di migliaia di spettatori di fronte al gesto sportivo di una conquista così prestigiosa.
Trascorrono altri quattro anni, e questa volta è Los Angeles ad ospitare i Giochi. Anche qui c’è il boicottaggio, questa volta da parte dell’Unione Sovietica, che non perdonato lo sgarbo di quattro anni prima. Poco importa è sempre e comunque festa: ai ragazzi non importa nulla delle questioni politiche che avvelenano il mondo. Per loro importante è gareggiare.
Sarà Simeoni è l’atleta più prestigiosa che la delegazione italiana in terra americana possa avere.
A lei viene affidato il compito di alfiere azzurro nella sfilata di apertura, un apertura, neanche a dire, di pura impronta hollywoodiana.
Anche qui a rendere entusiasmante la tenzone c’ è un’altra grande: Ulrike Meyfarth.
La Simeoni si ferma a due metri, Ulrike, invece, va più in alto di due centimetri: è lei la regina di questa olimpiade. Argento dunque per Sara.
Nella sua carriera ha il tempo di vincere anche due ori alle Universiadi ed ai Giochi del Mediterraneo, oltre a conquistare 12 titoli italiani assoluti, migliorando il record nazionale per ben venti volte.
Il 14 settembre 1983, dopo esser giunta seconda al meeting di Cagliari, annuncia il suo ritiro dalle gare.
Nel 2000 un referendum promosso dalla Gazzetta dello Sport la incorona “ATLETA DEL SECOLO”.
DI ANNO IN ANNO
1967 – 14 anni m. 1,40
1968 – 15 anni m. 1,55
1969 – 16 anni m. 1,65
1970 – 17 anni m. 1,75 (record italiano)
1971 – 18 anni m. 1,80 (record italiano)
1972 – 19 anni m. 1,85 ( record italiano)
1973 – 20 anni m. 1,86 (record italiano)
1974 – 21 anni m. 1,90 (record italiano)
1977 – 24 anni m. 1,92 (record italiano)
1978 – 25 anni m. 2.01 (record mondiale)