Il Tennis di Alberto Capilupi – Redazione Verona G.Brera UniVr – Area1 Veneto Trentino/AA
DAY 13
La diciannovenne Coco Gauff, che da quattro anni sta progredendo per ridare agli americani il sogno creato 24 anni fa dalle sorelle Williams, è entrata finalmente nella leggenda conquistando a New York il suo primo titolo negli slam.
Nella storia degli US Open l’Italia trionfò nel 2015 con Flavia Pennetta, che battè in finale Roberta Vinci, a sua volta vittoriosa contro Serena Williams in semifinale. Quest’ultima si era imposta per la prima volta nello slam statunitense nel 1999, imitata dalla sorella Venus nel biennio successivo. Serena poi aveva vinto anche nel 2002, nel 2008 nel 2012. L’ultima vincitrice americana era stata Sloane Stephens nel 2017.
Gli americani aspettavano questo ritorno al successo in casa propria con ansia. Ma non solo con ansia: lo volevano, lo pretendevano a gran voce. E si può anche dire che Arina Sabalenka abbia dovuto lottare non solo contro Gauff, ma anche contro il pubblico, che era totalmente contro di lei. Troppi due avversari, anche per una tigre impegnata a lottare con una pantera.
La bielorussa ha puntato tutto sull’aggressività e sulla potenza dei suoi colpi, senza preoccuparsi minimamente della necessità di mantenere un controllo. Questa la tattica che ha messo in mostra: “Spingo la palla più che posso: se sta dentro, vinco il punto, altrimenti non mi importa se lo perdo. L’importante è che non ci sia gioco”. Non sappiamo se volesse davvero utilizzare questa tattica oppure se quello che si è visto fosse semplicemente l’espressione di quello che riusciva a fare. Tutto ciò nel primo set, in cui Sabalenka ha annichilito l’avversaria, schiacciandola in fondo al campo senza che fosse capace di resistere alle tremende bordate dei suoi colpi. Ma commettendo anche incredibili errori a rete e di rimbalzo, vistosamente indegni per una giocatrice che dopo il torneo sarebbe diventata in ogni caso la n. 1 del mondo. Come mai tutti quegli errori? Probabilmente perché non riusciva a dominare le sue emozioni.
Nel secondo set Coco, che nonostante la partenza negativa appariva fredda e lucida – almeno nello sguardo – ha però deciso di cominciare a giocare a tennis, puntando sugli scambi e sul disegno del campo. Alla base delle determinazioni lo spazio principale viene occupato dalle emozioni. Probabilmente avrà ricordato le parole del nonno, che le aveva sempre detto di non mollare mai. E anche il suggerimento del padre, che sulla maglietta la invita ad immaginare, a pensare in grande, a non accontentarsi. E forse avrà ricordato di portare il peso di essere considerata e di considerarsi l’erede predestinata dei suoi eterni modelli di riferimento: le sorelle Williams.
A quel punto si è infatti cominciato a vedere in campo chi fosse diventata realmente la predestinata Coco.
Nulla da fare per Arina Sabalenka, che sostanzialmente ha constatato di non potersi permettere di confidare esclusivamente sulla potenza.
Senza storia, sul piano tattico, il terzo set, con Coco in totale controllo e in estasi agonistica.