Tutta Roma a festeggiare Valerio Bianchini
di Carlo Santi – Redazione Panathlon Roma
Una festa per Valerio Bianchini, il Vate del nostro basket, l’allenatore che per primo ha vinto tre scudetti in tre città diverse – Cantù, Roma e Pesaro – che nel giorno che la Luiss Roma ha ospitato proprio Cantù è stato premiato. Certo, adesso non è il basket degli anni ruggenti del Vate, le due formazioni navigano in serie A2, gli interessi e il pubblico sono diversi ma la magia rimane la stessa anche se in campo non ci sono Larry Wright o “Pierlo” Marzorati.
Eravamo in tanti al Palazzetto dello Sport di viale Tiziano a Roma per osannare Bianchini, l’amico del Panathlon dove spesso interviene per importanti lezioni, autentici saggi di vita e di esperienza non solo sportiva. C’era il suo play di Cantù, Marzorati, l’ingegnere che ha giocato in tre decenni diversi; c’era il Presidente della Federazione Basket, Gianni Petrucci; c’erano Luigi Abete, l’assessore allo sport di Roma Capitale, Alessandro Onorato, ma non solo. E c’erano tanti amici a cominciare da quelli che hanno seguito le imprese del suo Bancoroma, giornalisti e tifosi perché la Roma dei canestri non ha mai dimenticato il Vate e la magica sfida con le scarpette rosse, ossia la Milano allora targata Billy di Dan Peterson del 1983.
Con Roma, Bianchini ha un rapporto speciale, un rapporto d’amore. Lombardo di nascita, ottanta anni, una Coppa delle Coppe e una Coppa dei Campioni con Cantù, un’altra Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale con il Bancoroma e poi la Coppa Italia nel 1998 con la Fortitudo Bologna. Quest’ultima, in quel 1998 che alla vigilia dei playoff lo ha visto esonerato dal patron Seragnoli che gli ha preferito Pero Skansi, è stato il primo trofeo conquistato dall’aquila biancoblu. Quel pomeriggio, appena vinta la Coppa Italia, Valerio si è seduto in panchina, si è sistemato il nodo della cravatta e, guardano intorno i tifosi festanti, si è detto: «Guarda cosa ho combinato!». Con lui alla guida della Fortitudo siamo certi che la finale con le Vu nere di Bologna allenate da Ettore Messina avrebbe avuto un percorso diverso e, probabilmente, non si sarebbe arrivati a giocare gara 5 con il successo della Virtus.
Che anni quegli anni del basket italiano. Parliamo dei decenni Ottanta e Novanta. Grandi interessi, attenzioni, media più presenti, giocatori importanti, squadre che erano ben identificate e non come adesso che cambiano giocatori e fisionomia continuamente, un basket dalle porte girevoli. C’erano allenatori che sapevano coinvolgere, cosa che adesso vediamo sempre meno. E si giocava a pallacanestro trovando soluzioni interessanti senza affidarsi solo al tiro da tre punti come accade sovente oggi.
Bianchini premiato prima di Luiss Roma-Cantù. Un bel gesto, una bella iniziativa della Legapallacanestro. In un veloce flash-back ci ricordiamo della prima volta che il Vate è tornato a Cantù alla guida di Roma. Era il 1982 e si giocava al Pianella, il palazzetto che non c’è più. La partita era cominciata da una quindicina di secondi e sulla panchina di Roma non c’era l’allenatore. All’improvviso Bianchini è sbucato dal tunnel per ricevere l’applauso del pubblico.
Bianchini, Roma, l’amore per la città. Dopo aver allenato le Forze Armate a Vigna di Valle, Valerio ha accettato di trasferirsi nella Capitale guidando la Stella Azzurra dal 1974 al 1979 prima di andare (fino al 1982) a Cantù e poi tornare a Roma per allenare la Virtus diventata Bancoroma.
È stato lui in quegli anni a riaprire il Palazzo dello Sport dell’Eur, una casa grande rimasta a lungo chiusa. «Bisognava riaccendere gli entusiasmi – ha ricordato Bianchini che in seguito, tra il 1985 e il 1987, è stato il cittì della Nazionale – e quel Palazzo faceva al caso nostro». Il 19 aprile 1983, il giorno della “bella” tra il Banco e la Billy Milano nel Palazzo romano c’erano 14.348 spettatori paganti, un autentico record.
La G