–di Andrea Ceccotti–
Non ci sono parole per esprimere da sportivi cosa si prova di fronte alla notizia della morte di DONATO SABIA, avvenuta nella notte all’ospedale di Potenza a causa del Coronavirus.
Da giorni soprattutto il mondo dell’atletica seguiva con apprensione il suo stato di salute, rispettando la richiesta dei familiari di non farne parola nella speranza di avere buone notizie dopo l’ottima reazione che il campione lucano aveva avuto alle prime cure, domando immediatamente la febbre.
Purtroppo era poi seguito un periodo di stasi, dal 29 di marzo in poi, senza quel miglioramento che tutti si aspettavano. Poi questa mattina la notizia che Donato era venuto a mancare, seguendo il padre anche lui scomparso alla fine di marzo, sconfitto dalla stessa malattia.
E così il maledetto virus se l’è portato via a soli 56 anni, lui potentino, classe 1963, padre di due figlie.
Donato è stato uno dei più grandi interpreti della storia dell’atletica leggera italiana sulla nobilissima specialità degli 800 metri.
Due volte finalista olimpico (unico italiano a riuscire nell’impresa nella storia della specialità), fu quinto nel 1984 a Los Angeles e settimo nel 1988 a Seul. Oro agli Europei indoor di Goteborg nel 1984. Sempre nel 1984, realizzò quella che resta una delle migliori prestazioni sul doppio giro di pista, un 1’ 43” 88 che lo colloca ancora oggi a pochi centesimi dallo storico record di Marcello Fiasconaro.
Tra tutti i contributi e le testimonianze apparse in questi giorni sulla vicenda di Donato Sabia, le parole che mi hanno più toccato sono quelle di Gustavo Pallica, storico dell’atletica ed ex-giudice di gare internazionale.
Nei giorni scorsi nella sua rubrica aveva voluto far sentire al campione potentino ricoverato in ospedale, la vicinanza del mondo dell’atletica.
Donato Sabia, per gli amici Nino, nacque a Potenza l’11 settembre del 1963.
Il primo contatto con lo spor lo ebbe, come del resto molti ragazzi, con il calcio, giocando come centrocampista nelle giovanili del Potenza. Poi il tecnico Roberto Caruso, resosi conto delle qualità fisiche di resistenza del ragazzo, lo spinse verso il Club Atletico Potenza, che fu la sua prima società.
A soli sedici anni, siamo nel 1979, con due soli mesi di allenamento, Donato vinse a giugno a Bologna il titolo italiano allievi dei 400 metri. In quell’anno cominciò a cimentarsi anche negli 800 metri.
I primi successi arrivarono nel 1980 quando, il 6 giugno a Torino si classificò al secondo posto nei 400 dei Giochi Mondiali Studenteschi, dietro al brasiliano Cruz che ritroverà poi nel 1984 sulla pista del Coliseum Stadium di Los Angeles, nella finale degli 800 vinta proprio da Cruz e alla quale prese parte anche lui. Donato vinse il suo primo titolo italiano, quello giovanile, a Firenze il 13 giugno del 1980. Nel 1981 arrivò il secondo titolo ai Campionati Italiani Juniores, ancora a Firenze.
Nel frattempo era passato alle Fiamme Oro e otteneva nel 1982, sempre a Firenze e sempre nei 400 metri, il terzo titolo di categoria. Da allora la sua carriera decollò. Diciassette furono le maglie azzurre indossate nel periodo 1982-88. Sabia nato e vissuto a Potenza aveva sempre rimandato, specie dopo il terremoto del novembre 1980 che aveva colpito la sua terra (ebbe anche la casa danneggiata), la chiamata della Fidal al Centro Federale di Formia. Fu in quel periodo che decise di cominciare a frequentare assiduamente anche il Centro, dove era seguito da Vittori e Donati.
Conquistò così tre titoli assoluti negli 800 (1983,1984,1988) ai quali va ad aggiungersi il titolo italiano della 4X400, nel 1982.
Nel 1984, Donato che non aveva grande simpatia per le gare indoor, si laureò comunque Campione Europeo degli 800 e nel 1989 si laureò Campione Italiano nei 400.
Nel 1984 si presentò in gran spolvero ai Giochi di Los Angeles dove era iscritto agli 800 metri. Il 13 giugno a Firenze aveva corso la distanza in 1:43.88 che rimarrà il suo miglior tempo in carriera. Il 6 agosto si disputò la finale che lo vide schierato in seconda corsia. Gli avversari in pista erano tra gli altri il brasiliano Cruz che vinse in 1:43.00 (record olimpico), davanti a un certo Sebastian Coe. Donato come già detto giunse ottimo quinto.
Nel 1988 i Giochi Olimpici si svolsero a Seul e Sabia fu iscritto sempre negli 800.La finale si disputò il 26 settembre e fu vinta dal keniano Ereng, con Donato che giunse settimo.
Dopo Seul, nonostante avesse solo 25 anni, per Donato Sabia iniziò il declino.
Recentemente gli era stato chiesto, chi fosse per lui l’atleta-modello. Donato non ebbe dubbi: Pietro Mennea, colui che gli aveva insegnato tante cose, come atleta e come uomo. Ammirava anche molto Marcello Fiasconaro, l’atleta al quale si ispirava dal momento che anche lui privilegiava gli 800 metri, la distanza che considerava più congeniale per le sue caratteristiche.
Sabia aveva continuato a lavorare nel suo mondo, prima come coach della nazionale olimpica maltese, poi come responsabile dell’Ufficio Sport del Comune di Potenza e Presidente della Federatletica della Basilicata, incarico che aveva lasciato lo scorso anno.
La notizia della sua scomparsa ha scosso tutto il mondo dello sport e anche il mondo del Panathlon lo vuole ricordare come un atleta dal talento straordinario e soprattutto come persona d’animo gentile.
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