


di Massimo Rosa Direttore Panathlon Planet
Verso la fine di luglio del 1964 stavo terminando con il mio amico Antonio il giro d’Europa in auto. La penultima tappa aveva previsto una sosta a Monaco di Baviera.
In uno di quei tre giorni bavaresi, io ed il mio amico, ci recammo a visitare il campo di concentramento di Dachau.
Ci stupì che il “Konzentrationslager” fosse aperto e senza alcuna organizzazione museale. In parole povere si girava liberamente senza nessuna indicazione o assistenza, fatta eccezione per un quadernone su cui riportare i propri pensieri.
Nel nostro girovagare senza meta entrammo nelle baracche, come entrammo là dove c’era il Krematorium, che ci dettero intensi momenti di emozioni.

Ma nulla fu più terribile di quando aprendo una porta ci trovammo in uno stanzone dove, alzando gli occhi al cielo, vedemmo i bocchettoni delle docce. Impiegammo qualche secondo per capire che quello stanzone altro non era che il luogo in cui si gassavano le persone.
In un attimo ci sentimmo vivi tra i morti, una sensazione che ancor ‘oggi mi sento dentro, e mi dà una sgradevole inquietudine.
Mi domando se quei minus habens, che lanciano slogan antisemiti,, conoscano la terribile storia. Li si condanni a visitare quei posti…forse, ma dico forse, capirebbero la tragedia di Anna Frank.