“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”


di Massimo Rosa Direttore PANATHLON PLANET
Un Maurizio Sarri fortemente imbufalito nel post partita di Inter-Lazio, match perso per 0-1 in quel di San Siro, ha lanciato provocatoriamente l’appello all’utilizzo di arbitri stranieri. La battuta non poteva non destare scalpore, dando così inizio ai tanti discorsi da bar dello sport, suscitandone le infinite battutacce indirizzate all’allenatore toscano, difettoso di pelosa empatia. La sua pesante affermazione è un indice puntato contro la categoria dei fischietti, che non deve suscitare una crassa ilarità, poiché in un lontano trascorso la FGCI, tra gli anni 50/60, mise in atto il “Progetto arbitri stranieri” proprio per smorzare le perenni dicerie sulla categoria delle allora Giacchette nere, ree, come spesso accade, di essere partigiane. Così diversi arbitri extramoenia frequentarono il nostro campionato di calcio tra il 1962 ed il 1966, finalizzato al miglioramento della nostra classe arbitrale. In quel periodo furono una quindicina a calcare i campi della nostra serie A. Tra queste giacchette nere due i nomi più rinomati: il britannico Arthur Holland ed il tedesco Kurt Tschens. Ma l’atteso miglioramento non si verificò, poiché critiche e sospetti ne decretarono la fine. Così, come sempre accade, alla fine dei conti occorre sempre ricorrere alla saggia frase di Giuseppe Tomasi di Lampedusa in cui “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”
Dunqe un dejà vu di una sessantina d‘anni fa non ha risolto, e non risolverà, il suo attuale problema,.


